La qualità dell’olio extra vergine d’oliva è una questione “politica”. Chi pensa al consumatore?

25 novembre 2015

Gli imbottigliatori hanno approvato standard per “prevenire alcuni aspetti critici dell’operatività delle imprese”. Lo scopo è politico: migliorare l’immagine e instaurare rapporti più sereni con il settore agricolo. Ma anche “legittimare alcune richieste da rivolgere alla politica che la Federolio considera essenziali”

Dopo una navigazione apparentemente pacifica durante la scorsa campagna olearia, alla luce dei recenti fatti di cronaca, Federolio cerca di correre ai ripari, inviando ai propri associati comunicazione dei nuovi standard volontari, approvati all’unanimità dal Consiglio Direttivo, in data 23 aprile 2015.

Le inchieste giudiziarie in corso hanno insomma consigliato al Presidente Masturzo di mettere in guardia le imprese associate, con una lettera datata 12 novembre 2015.

Nella missiva si legge: “…gli Standard Federolio mirano a prevenire alcuni aspetti critici dell’operatività delle imprese del settore del commercio e del confezionamento dell’olio da olive.

Più specificamente, essi mirano a prevenire gli aspetti critici più propriamente “politici”, che incidono cioè in maniera rilevante sull’immagine e sulla credibilità delle imprese associate e della stessa associazione, esponendo le une e l’altra a sistematici attacchi mediatici e ad aspre critiche del mondo agricolo, oltre che, naturalmente, a contestazioni da parte degli organi di controllo.

Tali aspetti sono:

1. la supposta presenza di oli deodorati in oli presentati come extravergini o vergini;

2. l’indicazione dell’origine del prodotti;

3. l’insoddisfacente livello della qualità di alcuni oli extravergini (miscelazione di oli vergini con oli extravergini, panel test)…”

Ma quali obiettivi hanno questi standard?

“…a. migliorare l’immagine del comparto, sottraendone l’operatività a rischi di contestazioni e di attacchi, e conseguentemente

b. instaurare un più sereno rapporto con il mondo della produzione, senza con ciò rinunciare a fare piena chiarezza sulla realtà in cui versa attualmente l’olivicoltura nazionale;

c. legittimare alcune richieste da rivolgere alla politica che la Federolio considera essenziali.

Richieste giuste, ma che hanno scarsa possibilità di essere accolte senza il sostegno di tutta la filiera.

Faccio riferimento in particolare:

– all’ottenimento del riconoscimento e della tutela in varie forme dell’”italianità” della operatività del settore del commercio e del confezionamento dell’olio di oliva;

all’ottenimento del riconoscimento della corresponsabilità della grande distribuzione sulla conformità alle norme vigenti dei prodotti da essa commercializzati (art. 8. par. 3, del reg. Ue 1169/2011 e sull’art. 17 del reg. Ue 178/2002)…”

Nella lettera, inoltre, si precisa che gli standard non sono obbligatori ma, anche per chi dovesse non attenervisi, costituiscono “…un efficace misura del rischio che l’impresa potrebbe correre nel non conformarsi a tali indicazioni…”. Inoltre il Presidente Masturzo comunica che “…sotto il profilo mediatico la Federolio non intende tutelare un’area operativa non rispettosa degli “standard”…”

Significativo, inoltre, un altro passaggio della lettera: “…Esiste un secondo spartiacque, una zona in cui comportamenti pienamente legali risultano tuttavia agli occhi di molti ambigui o addirittura ingannevoli;

Come detto, tali comportamenti ci espongono a ripetuti attacchi mediatici che portano discredito sulla nostra categoria.

Ritengo:

che tali comportamenti debbano essere sconsigliati con forza dalla Federolio ai propri associati, e

che la Federolio debba pubblicamente dichiararsi contraria a tali comportamenti.”

L’introduzione e l’applicazione di standard più rigorosi di quelli di legge va sempre salutata con apprezzamento e soddisfazione, se lo scopo è tutelare il consumatore, fornirgli prodotti più salubri e sicuri, ovvero migliorare la qualità complessiva dell’olio extra vergine d’oliva in commercio.

Non credo sia questo il caso anche perchè, forse consapevolmente, la parola “qualità” non viene mai citata nell’intero documento. Altrettanto manca la parola “consumatore”.

L’introduzione degli standard Federolio, chiaramente ed esplicitamente dettata dallo scandalo Guariniello, ha uno scopo politico, ovvero il raggiungimento di obiettivi “politici”. Da un lato Federolio auspica sicuramente l’allentamento della tensione mediatica sull’olio extra vergine d’oliva, dall’altra vorrebbe coinvolgere, o avere almeno il beneplacito, della filiera agricola sulle proprie richieste da avanzare alla politica.

Altrettanto significativa l’ipocrisia sui comportamenti ritenuti “agli occhi di molti ambigui o addirittura ingannevoli”. Da una parte vengono sconsigliati, seppur “con forza”, ai soci. Dall’altra la Federolio si dichiara pubblicamente contraria. Ma se un’associazione si dichiara pubblicamente contraria a certi comportamenti non dovrebbe vietarli, pena l’esclusione, ai propri soci? A quanto pare non in Federolio dove “ogni ditta conserva piena libertà e autonomia nella scelta delle sue politiche aziendali, ivi compresa la scelta di non conformarsi, in tutto o in parte, talvolta o sistematicamente, alle indicazioni dell’associazione.” Ognuno per sé e Federolio per tutte, ma solo quando serve.

A questo proposito, però, sorge una domanda. Se le aziende aderenti a Federolio possono disattendere impunemente le indicazioni provenienti dall’associazione, lo potranno anche fare per quanto riguarda il recente accordo sul prezzo minimo garantito? Vi saranno dunque aziende aderenti alla Federolio che potranno, se vorranno, disattendere al pagamento del premio di prezzo di 40 centesimi al chilo per l’olio extra vergine italiano di qualità? Mi risulta che proprio alcune delle associate a Federolio fossero contrarie al patto di filiera…

di Alberto Grimelli